COME SI MANGIANO
Molti stranieri forse ignorano questo fatto ma, gli italiani, quando cucinano gli spaghetti, non li spezzano mai prima di buttarli in acqua! È proibito!
Infatti vanno cucinati interi così come sono, per poi arrotolarli con la forchetta, aiutandoci con il cucchiaio quando si mangiano. E’ una questione di tradizione e di gusto. Il boccone diventa più grosso e pazienza se ci “sbrodola” un po’ con il sugo; l’angolo della bocca sporco è sempre gradito al cuoco. E se non riesci a mangiarli senza spezzarli… beh!, puoi sempre ricorrere ad una pasta corta, come le penne!
I DOCUMENTI STORICI
Gli spaghetti erano già conosciuti in Italia all’inizio del I secolo, ossia molti anni prima della nascita di Marco Polo.
La prima attestazione della pasta essiccata in Italia e dell’esistenza dell’industria della pasta ci riporta infatti a Trabia (un paesino in provincia di Palermo) dove si produceva un cibo particolare a forma di fili che in arabo era chiamato “itriyah”.
LA LEGGENDA
La leggenda narra che Marco Polo, importò dalla Cina gli spaghetti nel lontano 1295… ma la storia è diversa, molto diversa.
LA STORIA (quella più probabile, tra mito e realtà)
Gli spaghetti così come li conosciamo nascono nel VI secolo a.C. nella valle dell’Indo, un territorio situato in Asia occidentale, corrispondente all’odierno Pakistan.
Inizialmente, però, lo spaghetto era un semplice scarto, prodotto dalla lavorazione della pasta, magistralmente preparata attraverso un processo di essiccazione nelle cucine reali del Sultano di Bahawalpur. Trattandosi di un cibo di “seconda scelta” era destinato soprattutto all’alimentazione degli inservienti e non aveva un nome.
La sua popolarità iniziò a prendere piede quando, un giorno, il figlio del Sultano decise di visitare le cucine del palazzo. Fu in quel momento che si accorse di quella strana pasta e, osservando quanto fosse indurita e diritta, con sorpresa disse: “Che cosa è? Sta sull’attenti come i soldati di mio padre!”. Ecco che iniziò a formarsi la parola “spaghetti”.
In quella regione del mondo, infatti, per indicare un soldato si utilizzava il termine sipahee, e questo nome piacque così tanto agli chef di palazzo da affibbiarlo a quel particolare tipo di pasta. A diffonderne la fama in tutta l’India ci pensò il Buddha in persona, al quale il Sultano offrì un piatto di sipahee. Di questo episodio se ne conservano le prove in un bassorilievo del monastero buddhista di Kapilavastu.
Nonostante la loro crescente popolarità, gli spaghetti rimasero confinati sconosciuti fino al XIII secolo e fu allora che entrò in scena il Marco Polo.
Di ritorno dal Catai, l’esploratore italiano fu ospitato da un mercante turco, che gli offrì un piatto locale dal sapore prelibato, gli spaghetti con i gamberi, chiamati in quel luogo spahi.
L’autore de “Il Milione” ne rimase talmente colpito da farsi lasciare la ricetta e una volta rientrato a Venezia fece di tutto per diffonderla.
La parola originaria “spahi” venne poi modificata dalla lingua italiana in “spaghi” e da lì a chiamarli “spaghetti” il passo fu breve.
Gli spaghetti erano già conosciuti nel nostro paese agli albori del I secolo, ovvero molti anni prima della nascita di Marco Polo.
Quello che sappiamo quasi per certo è che gli spaghetti non furono un’invenzione made in Italy e che la loro storia è millenaria, ma di sicuro gli Italiani sono diventati i più bravi a produrli e a cucinarli a livello mondiale.
Ti è piaciuto l’articolo? Fammi sapere se conoscevi la leggenda o la storia di questo tipo di pasta. Se ti è venuta fame, poco male, metti su l’acqua e degustati la storia.
Cheers!